Lo scopo del Playfight è la Connessione con me stesso e gli altri grazie al gioco della lotta e in Sicurezza ovvero non fare del male a se stessi e a nessun altro

Playfight è un modo profondo e intimo per scoprire se stessi e relazionarsi con gli altri. Una miscela di consapevolezza, gioco e lotta non violenta volta a favorire la crescita personale, l’empowerment e la connessione.

Playfight Matteo Tangi Lineage è un’arte che unisce il gioco, la lotta non violenta e la mindfulness, in una formula semplice quanto potente. La lotta consapevole per coinvolgere il corpo e la forza in modo sicuro e rispettoso. Il gioco per riscoprirmi! Come un bambino posso reinventare me stesso e la relazione con gli altri! La mindfulness per osservare cosa succede a un livello più profondo. Quali emozioni si muovono dentro di me e come posso affrontare l’incontro (e la mia vita) in un modo più autentico e veritiero.

Playfight non è solo un percorso individuale, ma anche e soprattutto una pratica di gruppo. Ci riuniamo in cerchio, e pratichiamo Playfight nel mezzo. Ci connettiamo, relazioniamo e supportiamo a vicenda. Usiamo la lotta ma non ci sono vincitori o vinti. Usiamo la nostra forza al massimo ma non ci facciamo del male. Lavoriamo con il nostro guerriero consapevole per sviluppare pace interiore. Ci rotoliamo a terra e mettiamo in gioco il nostro corpo come fanno i bambini e tutti i cuccioli di animale. Aperto e adatto a tutte e tutti, a qualsiasi età! Playfight è fare la lotta in maniera consapevole e giocosa. È conoscere sé e l’altr* attraverso l’uso sicuro e responsabile della propria forza. È un modo di risolvere conflitti e superare paure e limiti attraverso l’uso del corpo fisico, emozionale e mentale.

L’unica regola è: Non fare male a se stess* o ad altr*.

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Playfight NON è

Non è solo uno strumento ricreativo. Ci divertiamo molto durante una sessione di Playfight. Tuttavia, accanto a momenti di gioia, possono esserci anche momenti di tristezza, paura e rabbia. In Playfight tutte le emozioni sono benvenute, comprese quelle meno piacevoli da assistere o provare.

Non è uno sport competitivo. Playfight non viene mai utilizzato per definire chi è migliore, più forte, più veloce o più intelligente. Durante un Playfight, la competizione viene utilizzata in modo sano e consapevole e non ci sono vincitori o vinti.

Non è un’arte marziale. Da un lato, alleniamo la consapevolezza del nostro corpo, dall’altro Playfight non è un’arte marziale o un insieme di tecniche di combattimento, e non miriamo a essere combattenti migliori.

Non è una pratica sessuale. Il nostro lignaggio non accoglie intenzioni sessuali e siamo molto sensibili per evitare qualsiasi tipo di molestia sessuale.

Non è un Fight Club. Playfight non è un club. Non è esclusivo o nascosto. A differenza del film, le persone non si picchiano né si feriscono a vicenda. Playfighting significa cura e connessione.

Non è solo per gli uomini. Playfight è per tutti. Uomini, donne e qualsiasi altra possibilità di genere esistente.

Non è adatto solo a persone giovani e preparate. Anche i bambini e gli anziani possono giocare a combattere. Non ci sono restrizioni o requisiti per Playfight, qualsiasi persona può praticare il Playfight

I cerchi di PLAYFIGHT sono un’opportunità per immergerci nel mondo del gioco-lotta, per riscoprirci in qualità di esploratori ed esploratrici di noi stess*, dei nostri movimenti, della nostra giocosità e dei nostri conflitti, consapevolmente. Un modo per sviluppare la nostra intelligenza corporea ed emotiva. Per connetterci con l’altr* in un modo autentico e meravigliosamente umano.

Il cerchio è aperto sia a chi non conosce il Playfight, sia a chi già ama questa pratica. Durante la sessione, nulla di ciò che verrà proposto sarà obbligatorio, e si potrà scegliere in che modo esserci: anche solo partecipare al cerchio e ai giochi iniziali vi mostrerà un’esperienza nuova. Se lo vorrete potrete entrare nel cerchio e invitare qualcuno a fare Playfight.

Playfight è soprattutto un modo per entrare in contatto

l benefici del Playfight sono molteplici.

Innanzitutto si arriva a conoscersi, esplorare i propri limiti, le proprie fragilità, le proprie emozioni, non da un punto di vista mentale, ma corporeo. Si conosce l’altro in una dimensione più fisica che verbale. Si “guardano” le emozioni, senza giudicarle. Si impara a dare e ricevere feedback. Si impara la gentilezza del contatto. Si impara a vedere la propria rabbia e renderla una forza positiva. Si impara ad apprezzare gestire un corpo che, soprattutto nella fascia d’età dell’adolescenza, potrebbe esser percepito come un limite.